Una sola speranza per l’umanità, un unico rifugio, la salvezza che Cristo ha preparato, questa città Celeste, Gerusalemme il luogo in cui giungeranno i recenti. Si fanno classificazioni tra gli uomini, ma la Bibbia ci insegna che l’unica distinzione è tra perduti e redenti. Una massa oscura, indistinta, tenebrosa è perduta nel suo peccato, ma Dio ha acceso una luce, Cristo Gesù, che ha segnato il cammino per giungere a Gerusalemme. C’è un solo nome, una sola via, un solo sangue, non esiste salvezza se non per la fede in Cristo Gesù. La pioggia dei perduti precipita nel baratro, non in una sofferenza che inizia e finisce nel tempo, ma in un male eterno. La vastità del giudizio e l’orrore dell’inferno sono la peggiore tragedia per l’umanità. Sappiamo cos’è una tragedia, in molte zone del pianeta si verificano tsunami, esistono terre vulcaniche che potrebbero generare terremoti. In Italia i geologi studiano da tempo con particolare attenzione due siti, il Vesuvio e lo Stretto di Messina. Se accadesse di nuovo ciò che è già accaduto, tanti anni fa, si determinerebbe una grande sciagura di dimensioni spaventose. L’intera Italia si mobiliterebbe per organizzare i soccorsi e noi sconvolti e sgomenti ci riuniremmo per piangere e pregare per due milioni di persone sotto la cenere e i lapilli. Quando il Signore tornerà, chiuderà definitivamente le porte della grazia e dichiarerà il precipitare all’inferno dell’umanità perduta per sempre, delle persone che amiamo e ci stanno accanto ma non sono ancora redente. Questa condanna è reale è certa, non ipotetica o probabile come la minaccia geologica, accadrà quando i tempi si compiranno. Muoiono e non c’è alcuno che si curi di loro, che preghi con angoscia perché siano liberati, che predichi per loro, che li cerchi, che li ami. La chiesa è troppo intenta a pensare a se stessa, paga della propria organizzazione, dei culti, dei canti e delle chiacchiere, i giorni sono spesi nell’ozio, nella stupidità, nello spreco. “Poiché tu dici, io sono ricco, mi sono arricchito e non ho bisogno di nulla, e non sai di essere disgraziato, miserabile, cieco e nudo…” (Apocalisse 3:17-18). Se abbiamo creduto per questi pochi giorni nel tempo, dice Paolo, siamo gli ultimi tra i miserabili, poiché senza la consapevolezza del giudizio il Cristianesimo e ‘ deviato e debole e noi restiamo avvinghiati al buio della terra con radici di morte. Il giudizio sostiene la croce, ne è il fondamento. Come il fico senza frutti è morto in un istante, gli alberi ammantati di verdeggiante fogliame saranno destinati al fuoco. Così Giovanni Battista tuonava: “Razza di vipere, chi vi ha insegnato a fuggire l’ira a venire” (Matteo 3:7). L’inesorabile avvicinarsi dell’Iraq di Dio ci consuma. In Atti Paolo proclamava: “ Sono netto dal sangue di tutti voi” (Atti 20:26), lo tormentava il pensiero del sangue che alla fine dei tempi sarebbe stato a lui ridomandato. Egli non stimava degno di valore alcunché, neppure la sua stessa vita, se non l’urgenza di portare a compimento il proprio ministerio. “Guai a me se non evangelizzo” (I Corinzi 9:16). Noi siamo i chiamati, i testimoni della salvezza, ne abbiamo la responsabilità. Noi semineremo e annaffieremo, senza dimenticare che solo Dio fa crescere. La nostra vita nel tempo è l’unica ricchezza che possiamo offrire e donare interamente al nostro Signore, affinché possa essere motivo di salvezza, di lode e di gloria. La nostra indicibile, inaudita speranza è essere uniti a Cristo Gesù nell’eternita’.
Non temere Daniele, custodisco la tua vita, l’ho acquistata, ne ho fatto motivo di gloria, è finito il tuo tempo, va finché la morte ti coglierà.
Ci sarà una risurrezione a salvezza e un risurrezione a condanna.
Signore, per mezzo del tuo sacrificio, salva ancora.
Scritto Da:
Anna Maria