La Parola di Dio ci rende saggi, è una lampada che ci mostra la realtà nella sua vera essenza, forma il carattere di Cristo in noi. Spesso ci conformiamo alle nostre illusioni, fumo negli occhi, arrovellarsi della mente, vanità delle vanità, dice l’Ecclesiaste. Inconsistenti siamo, è considerata sostanza qualcosa che ha una intrinseca durata e contiene in se’ la spiegazione di se stessa. Siamo dei folli che vagano nel buio, siamo immersi nel divenire, meteore che appaiono e si dissolvono. La Parola è l’unico mezzo possibile di trasformazione; ciò che è evanescente e labile diventa chiaro e distinto, forte e intenso, quando lo Spirito di Dio si muove in noi. Il segreto per intendere la Parola si rivela già nelle prime pagine della Bibbia, nella descrizione della creazione in cui è meravigliosa la condizione dell’uomo in perfetta comunione con Dio. Quando subentrerà il peccato sarà evidente il significato dell’Evangelo e della croce. Quel giorno in cui Adamo ed Eva si ribellarono alla volontà di Dio, tutta l’umanità precipitò nella morte, nel turbamento e nella depravazione. La corruzione invase ogni aspetto della nostra vita, interiore e fisica. La natura stessa geme ed è in travaglio in attesa della redenzione (Romani 8). L’Evangelo è la buona notizia, l’acqua fresca che disseta l’arsura del nostro tempo nel deserto, come dopo una calda lunga giornata di sole estivo, è la buona notizia eternamente potente, che risolve una realtà eternamente tremenda: “Tutti gli uomini hanno peccato, e sono privi della gloria di Dio” (Romani 3:23). Per natura tutti gli uomini e tutte le donne sono destinati a eterna perdizione; il figlio che amiamo, se non interviene la fede a scrivere il suo nome nel libro della vita, è destinato a eterna perdizione. Distrazione, cecità, dimenticanza, sonnolenza, c’è una enorme confusione nel nostro vivere il tempo. La malattia e la morte fisica, il conflitto interiore e il turbamento dell’anima, il sangue che scorre, la tranquilla freddezza con cui si compiono i delitti, la grande quantità di espressioni dell’umana malvagità dell’umana malvagita’, sono le conseguenze della primigenia corruzione, tramandate di generazione in generazione. Nel Salmo 51 Davide ne mostra la dolorosa consapevolezza: “Ecco, io sono stato formato nell’iniquità e mia madre mi ha concepito nel peccato”. Questa corrispondenza tra le relazioni esistenti all’interno del mondo fisico e la dimensione spirituale è un nodo che si scioglierà solo alla fine dei tempi. Un pastore, zelante e pieno di Spirito, soleva dire: Vorrei che i miei giovani che si apprestano al servizio stessero cinque minuti all’inferno, non cinque anni in una scuola biblica, per scoprire il valore della predicazione. L’inferno è un tormento che non avrà mai fine. Riassumeva un pastore: La punizione dell’empio non ha fine come anche le beatitudini del giusto. Agli empi non viene concessa una seconda possibilità, neppure sono annientati. La punizione dell’empio, morto, è descritta nella Bibbia come un fuoco eterno, un fuoco inestinguibile, una vergogna, una eterna infamia, un luogo in cui il verme loro non muore, il fuoco non si spegne, un luogo di tormenti e fiamme, eterna rovina, il fumo del loro tormento che sale, e infine uno stagno di fuoco e zolfo dove è pianto e stridor di denti e così sarà nei secoli dei secoli. Gli empi sono tutti coloro che non sono stati rigenerati dal sangue di Cristo. Indicibili torture è l’inferno, inimmaginabili per noi che troviamo insopportabile l’esperienza del dolore, necessaria circostanza ai fini del risveglio dell’anima per il risveglio dell’anima. I nostri figli sono in un mare in tempesta, un oceano di uomini e donne intorno a noi combatte con i flutti, molti tra noi si perdono nelle preoccupazioni, negli affanni, nei falsi pensieri senza barca e senza remi. La preoccupazione è del tempo. I nostri figli, i figli di tutti, proiettano la loro vita nel domani con l’entusiasmo di cavalli che corrono nella prateria. Non abbiamo la vita nelle nostre mani, l’avvenire non li farà sorridere. “Vi sarà un tempo di angoscia, come non ce ne fu mai, da quando sorsero le nazioni fino a quel tempo”, si legge in Daniele. Giovinezza, bellezza, inganni e illusioni che il tempo trascinerà via rapidamente, il corpo si indebolisce e degenera, il talento che ci pareva splendere di speranze e di future fortune corrode l’anima con delusione e rassegnazione. C’è un solo modo per vivere, è Cristo Gesù. Empi sono anche tanti bravi religiosi come quei tali che si presenteranno davanti al tribunale di Cristo per il giudizio delle nazioni (Matteo 25) avanzando pretese a causa delle buone opere. C’è un solo modo per essere trasformati, piegare le ginocchia, gridare e arrendersi. La grazia di Dio prende un cuore malvagio, ottenebrato, empio e lo rende un cuore sensibile , a sua immagine , a lui simile, in cui c’è benignità, santità, amore. Questo produce le buone opere. Ma l’umanità globalizzata non sente necessità di purificazione e sempre torna con una nuova maschera quel basso istinto che rende complici le folle nelle piazze, davanti all’esibizione immonda della violenza. Lasciarsi trasportare dolcemente dal fiume della malvagità o remare controcorrente con dolore e fatica.
Semplicemente la civilizzazione stessa è una illusione. Ci sono in alcuni luoghi del pianeta uomini che percuotono con verghe e bastoni i figli di Dio, con ferocia inaudita, uccidendoli infine col fuoco, mentre la folla intorno a loro sta a guardare. La condizione peggiore non è di questi fratelli che il fuoco condurrà presto dinanzi a Cristo Gesù, è di quella folla, là con loro eravamo anche noi e torniamo là ogni qualvolta esprimiamo un giudizio nei confronti dei nostri nemici. Non siamo i loro giudici, nel mondo si alternano
facilmente vittime e carnefici, il giudizio appartiene solo a Dio, noi siamo gli araldi della buona notizia. Cristo ci rivela la santità di Dio in una purezza perfetta, una luce assoluta ed è giunto fino a noi camminando nelle tenebre più cupe per trarre vita dalla morte e riconsegnare i perduti a Dio, come suoi figli. “Perché il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto) (Luca 19:10). Anziché essere schiacciati dalla condanna, meritata in quanto nemici di Dio, abbiamo in noi, attraverso la fede una nuova vita, speranza e certezza di riconciliazione e di pace. Questa condizione di assoluto benessere, di gioia e di liberazione da un baratro infernale ci dona la luce che è in Cristo Gesù. “Io sono la luce”, disse, e poi ai suoi discepoli “Voi siete la luce” (Giovanni 8:12; Matteo 5:14). La vocazione, la chiamata straordinaria è portare nel mondo il riflesso della luce di Cristo che rivela l’essenza, la sostanza, ciò che è immutabile. Questa luce preziosa che è costata un prezzo incommensurabile deve illuminare gli angoli bui della terra. Soffia Spirito, abbiamo bisogno di combattere la battaglia per l’eternita’, per noi, per i nostri figli, per quanti sono là fuori nell’abisso, vasi di creta fragili, vasi pieni di amarezza, di risentimento, di frustrazione che nascono e si alimentano di immaginazione, di ciò che ha realtà effimera. La vicinanza con il prossimo, il guardarlo da vicino talvolta fa paura. I segni esteriori del malessere spesso sono evidenti, ma noi li ignoriamo volutamente o li sottovalutiamo. È più prudente starsene a distanza di sicurezza, dove la ritirata è più agevole. C’è una specie di freddezza, di indifferenza che non si può comprendere. Quando soffia, il potente vento dello Spirito ci conduce, dalla distrazione all’attenzione, dall’inattività all’attività, dall’indifferenza all’amore. Ci sospinge con una strana sensazione di smarrito stupore verso quell’unico agognato obiettivo, dare o ricevere salvezza.
Scritto Da:
Anna Maria